In anteprima alla Festa del Cinema di Roma, arriva in sala il 5 febbraio 2026 con Fandango
Alcuni musicisti non hanno bisogno di riflettori per lasciare un segno profondo. Mauro Pagani è uno di loro: presenza silenziosa ma decisiva, capace di influenzare generazioni e di trasformare la musica italiana restando sempre un passo di lato rispetto alla ribalta.
Con Andando dove non so, Cristiana Mainardi, al suo esordio alla regia, gli dedicaun ritratto sobrio e intimo, che restituisce la complessità di un uomo e di un musicista in costante movimento.
Il film si apre come un viaggio nella memoria – fragile, ricomposta, ricercata – dopo l’esperienza reale di un malore che ha temporaneamente cancellato i ricordi dell’artista. Pagani riannoda i fili del proprio passato attraverso le melodie che lo hanno accompagnato per oltre cinquant’anni: un percorso che diventa occasione per riflettere su identità, tempo e appartenenza.
Mainardi sceglie uno sguardo asciutto, lontano dall’enfasi celebrativa. La macchina da presa osserva più che raccontare, lasciando che siano la musica, le parole e gli incontri a costruire il senso del racconto. Ne emerge una figura di grande lucidità e umanità, animata da curiosità inesauribile e da una visione della musica come linguaggio collettivo.
Dal progressive visionario della Premiata Forneria Marconi alla svolta mediterranea di Creuza de Mä, ogni tappa della carriera di Pagani viene evocata non come semplice cronologia, ma come frammento di una ricerca interiore. La collaborazione con Fabrizio De André segna il punto più alto di questa tensione creativa: insieme reinventano la canzone d’autore italiana, fondendo dialetti e sonorità del Mediterraneo in un linguaggio senza tempo.
Accanto a lui scorrono volti e voci di compagni di strada – da Manuel Agnelli a Mahmood, da Giuliano Sangiorgi a Dori Ghezzi – che raccontano l’eredità di un artista sempre in ascolto, capace di fare della condivisione la sua cifra più autentica. Le Officine Meccaniche, lo studio milanese che ha fondato e diretto, diventano così il simbolo di questa filosofia: un laboratorio aperto, luogo di incontro e contaminazione.
Il titolo, Andando dove non so, riassume perfettamente la sua essenza: l’idea del viaggio come condizione naturale, la curiosità come bussola. Il film non cerca risposte né bilanci, ma accompagna lo spettatore nel ritmo pacato di un’esistenza segnata dall’amore per il suono e dalla gratitudine per la vita.
Con misura e sensibilità, Mainardi realizza un documentario che riflette lo spirito del suo protagonista: elegante, sincero, mai autocelebrativo. Ne nasce il ritratto di un uomo che ha fatto della leggerezza una forma di profondità e della discrezione un modo per restare presente. In un tempo dominato dal rumore e dall’ego, Mauro Pagani ci ricorda che la vera forza della musica – e forse anche della vita – sta nell’ascolto.
Roberto Puntato