Presentato nella sezione Grand Public della Festa del Cinema di Roma, arriva in sala dal 28 novembre con Vision Distribution
Napoli, 1944. Il militare americano Dean (James Franco) incontra Lucia e se ne innamora, ma poi è costretto a partire. Nel 1971, nella cittadina del New Jersey nella quale vive, Dean, che nel frattempo ha combattuto anche in Vietnam e Corea e che ormai è un reduce spiantato e vicino all’alcolismo, riceve un telegramma spedito da Napoli tredici anni prima: Lucia è morta e il loro figlio Enzo (Francesco Di Napoli) ha dodici anni. Così, l’uomo decide di tornare in Italia per incontrare quel figlio sconosciuto, un venticinquenne riottoso e “adottato” da un boss della camorra.
Dopo il notevole e sottovalutato La paranza dei bambini, Claudio Giovannesi torna al cinema con il suo film più maturo: una storia vera, ma che profuma di leggenda, intrisa di quel peculiare naturalismo che è sempre stato la sua cifra registica.
Hey Joe fa incontrare e scontrare due lingue e due destini, quelli di un padre e di un figlio, dando vita a una terza via che è quella del perdono, della speranza e del riscatto morale.
Ne deriverà un doppio coming of age: quello del figlio che prende (parzialmente) coscienza di sé e dell’identità di un genitore biologico sconosciuto, e quella di un padre in crisi d’identità, che compie una sorta di viaggio a ritroso, alla ricerca del tempo perduto e del ragazzo che era.
Il film di Giovannesi carica il suo peso emotivo sulle splendide interpretazioni dei suoi protagonisti: James Franco (che ci regala la prova della vita) e Francesco Di Napoli sono intensi, perfetti e credibili nei panni di un padre e di un figlio che tentano di costruire il loro rapporto.
La macchina da presa raramente si allontana dai suoi protagonisti e ne indaga ferite e tormenti; perché Hey Joe è un film di dolori interiori, di sentimenti inespressi, o espressi a mezza bocca, che ha la forza di coinvolgere e commuovere in maniera sobria, senza mai cadere in facili sentimentalismi.
Ottimo anche lo spaccato di una Napoli anni ’70 ancora ferita, ma pronta ad aprirsi al mondo e all’invasione merceologica, che la fotografia scura e iperrealista di Daniele Ciprì fa dialogare efficacemente con lo spaesamento fisico e percettivo del monumentale James Franco.
Un film malinconico, struggente e che vive di dettagli; un viaggio nel passato alla ricerca delle occasioni perdute.
Ilaria Berlingeri