La programmazione del film, dal 5 marzo distribuito da Warner Bros., è sospesa per effetto del Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri dell’8 marzo 2020
Tokyo. Fiona Landers (Tara Westwood) esce impaurita da un appartamento dove precedentemente si è verificata una serie di morti violente. Si tratta della maledizione del rancore, che colpisce tutti coloro che entrano in contatto con quella casa. La donna tornerà nella sua abitazione negli Stati Uniti per riunirsi alla sua famiglia, ma porterà con sé la maledizione, scatenando una terribile catena di omicidi, che coinvolgerà anche i successivi proprietari. Sui casi collegati alla famiglia Landers inizierà a investigare la detective Muldoon (Andrea Riseborough), trasferitasi da poco in Pennsylvania con suo figlio dopo la morte del marito.
Film ponte tra l’originale cult giapponese Ju-on del 2000 e il remake americano del 2004, The Grudge di Nicolas Pesce rinnova l’inquietante universo di Takashi Shimizu con una struttura narrativa insolita e soluzioni estetiche efficaci.
Ne deriva un horror funereo e dall’atmosfera malsana, popolato da personaggi che hanno conosciuto il dramma prima ancora del violento intervento del soprannaturale.
Se non mancano alcuni tipici stilemi di “genere” (la casa infestata, le apparizioni mostruose, la famiglia in pericolo, il detective in crisi), il film, scritto e diretto da Pesce e prodotto da Sam Raimi, è capace di rinvigorirlo partendo proprio dalle radici.
Il merito va a diversi fattori, a cominciare dall’ottima ambientazione, una decadente e sordida cittadina della Pennsylvania immersa in un autunno desolante, e dalla scelta di procedere per salti temporali, che conferisce alla narrazione uno stile intrigante.
Pesce, infatti, ricostruisce l’intera vicenda come un puzzle, presentandoci gradualmente i molteplici personaggi coinvolti e spezzando e tornando più volte sulle loro storie, fino a metterli faccia a faccia con l’orrore.
In tal senso, questo nuovo The Grudge non ha certo paura di osare e, oltre all’aspetto psicologico, punta a un gore decisamente calzante, figlio degli horror degli anni ’70 e 80 (Raimi su tutti).
Non delude, al solito, la bravissima Andrea Riseborough, dal volto scavato e gli occhi dolenti, alle prese con un detective stanco, vulnerabile, irrimediabilmente segnato dalla morte. Attorno a lei una serie di personaggi dipinti con tratti efficaci e interpretati con incisività: Jacki Weaver, John Cho, Betty Gilpin, Frankie Faison, Demián Bichir e l’icona horror Lin Shaye.
Alberto Leali
