Applausi scroscianti per la prima al Teatro Argentina di Roma nell’ambito del Teatro Ostia Antica Festival
In prima mondiale dal 22 al 24 luglio al Teatro Argentina, nell’ambito del Teatro Ostia Antica Festival, va in scena la nuova creazione di Alan Lucien Øyen, artista norvegese tra le voci più radicali della coreografia contemporanea. Con Antigone, Øyen firma un’opera che supera i confini della narrazione tradizionale, proponendo una riflessione intensa e viscerale sulla figura dell’eroina sofoclea, riletto in chiave fisica, teatrale e cinematografica. Non un adattamento del testo di Sofocle, ma una riscrittura astratta e poetica, che intreccia il Tanztheater con la danza contemporanea e la parola, in un’atmosfera sospesa tra mito e attualità.
Sul palcoscenico, il talento della compagnia Winter Guests si fonde con la presenza straordinaria di alcuni storici interpreti del Tanztheater Wuppertal di Pina Bausch – tra cui spiccano Nazareth Panadero, Julie Shanahan, Héléna Pikon – e con il rigore tecnico di Antonin Monié, proveniente dall’Opera di Parigi. Il risultato è un ensemble eterogeneo ma coeso e affascinante, in grado di incarnare le molteplici sfumature del personaggio di Antigone: non una singola figura, ma un ventaglio di identità, generazioni e sensibilità. Ogni interprete porta sulla scena un frammento di quella che Øyen definisce “una donna in lotta”, offrendo un ritratto corale, universale, profondamente umano.
La regia coreografica gioca sull’equilibrio tra gesto e parola, movimento e silenzio, in una composizione che richiama la scrittura cinematografica per il modo in cui costruisce emozione attraverso l’ellissi, il dettaglio e la sospensione. Le luci, curate da Martin Flack, disegnano uno spazio rarefatto e mutevole, mentre i costumi e le scenografie, firmati da Stine Sjøgren e Åsmund Færavaag, contribuiscono a creare un ambiente visivo essenziale ma evocativo, dove l’antico riaffiora nel presente con una forza tutta contemporanea. L’effetto è quello di un affresco in movimento, dove la tragedia diventa materia viva, costantemente in tensione tra l’etica e il corpo.
Il lavoro di Øyen non cerca facili risposte ma pone domande radicali e necessarie. Che cosa significa oggi resistere? Dove si colloca la giustizia, quando le leggi dello Stato entrano in conflitto con quelle della coscienza individuale? Antigone, in questa versione, è un corpo politico e poetico che sfida il tempo, mettendo a nudo la fragilità dell’umano in un mondo dove il dialogo fallisce e la dignità viene costantemente messa alla prova. L’intento è chiaramente politico ma mai didascalico: l’arte scenica qui diventa uno strumento per riflettere sul presente, non per semplificarlo.
Dal punto di vista dell’esperienza teatrale, si tratta di uno spettacolo esigente ma ricco. La scelta di destrutturare la narrazione può lasciare disorientati gli spettatori più affezionati alla linearità del racconto, ma il coinvolgimento emotivo e la qualità performativa degli interpreti riescono a catturare anche chi si avvicina a questo linguaggio per la prima volta. L’imponente durata (180 minuti comprensivi di intervallo) non deve spaventare, poiché concentra l’intensità dell’opera senza mai diluirla, mantenendo alta la tensione emotiva.
Antigone di Øyen è un lavoro profondo, stratificato, formalmente audace. È una sfida al teatro stesso, un invito a sentire prima ancora che comprendere, e un omaggio alla potenza ancora viva del mito. Un’opera che si distingue tra le proposte della stagione romana, capace di toccare corpo, mente e coscienza, portando la tragedia antica al cuore del nostro presente inquieto.
Alberto Leali