Al cinema dal 2 luglio con Universal Pictures
Dopo anni di eccessi digitali, trame sovraccariche e acrobazie narrative degne di un videogioco arcade, Jurassic World: La Rinascita riporta il franchise alle sue radici. Non solo stilisticamente, ma anche nel tono e nell’approccio al mito dei dinosauri: quello originato nel 1993 con Jurassic Park di Steven Spielberg, che seppe coniugare spettacolo e meraviglia con una riflessione sottile ma potente sul rapporto tra uomo, scienza e natura.
Questo nuovo capitolo – indipendente dalla trilogia di Jurassic World ma chiaramente figlio della saga – si apre su un mondo che convive con i dinosauri da trent’anni. Ma non è più una convivenza forzata o spettacolare: l’entusiasmo iniziale è svanito, e le creature preistoriche si stanno nuovamente estinguendo, incapaci di adattarsi alla maggior parte dei climi terrestri. Solo nelle zone equatoriali, inaccessibili e abbandonate, continuano a vivere indisturbati. Ed è proprio lì che prende avvio una nuova avventura.
Affidata alla regia di Gareth Edwards (Monsters, Rogue One, Godzilla), la pellicola abbandona le iperboli narrative degli ultimi capitoli e si affida a una costruzione più sobria e ben calibrata. La tensione è il fulcro dell’azione, e non è mai gratuita. David Koepp, già sceneggiatore del film originale, firma una sceneggiatura che riscopre il valore della semplicità: un’avventura classica, due linee narrative che si intrecciano, un obiettivo chiaro e pericoli concreti.
La protagonista è Zora, ben interpretata da Scarlett Johansson, al comando di una squadra eterogenea e umanamente credibile. Non è la classica eroina action, ma una leader empatica, guida morale e affettiva del gruppo. Tra i comprimari spicca Mahershala Ali, nei panni di Duncan, pilota e veterano di battaglie condivise con Zora, e Jonathan Bailey, paleontologo inesperto sul campo ma fondamentale per la missione: prelevare il sangue di tre dinosauri rari – uno marino, uno terrestre e uno volante – con lo scopo di sintetizzare un farmaco rivoluzionario.
L’ambientazione si sposta su un’isola misteriosa, ex sede di esperimenti InGen, nei pressi dell’Equatore. Qui, tra giungle, acque oscure e cieli popolati da creature imponenti, il film costruisce sequenze d’azione sempre diverse, senza ripetersi. Ogni dinosauro è trattato come una sfida distinta, quasi come se il film avesse una struttura “a livelli”, che rende l’azione dinamica e visivamente stimolante.
Accanto al gruppo di mercenari troviamo una famiglia coinvolta casualmente nell’avventura: un padre con le due figlie e il fidanzato di una di loro, scampati all’attacco del Mosasauro. La loro presenza riporta alla memoria la struttura narrativa del primo Jurassic Park: l’alternarsi di momenti di tensione pura con altri di autentica meraviglia. La convivenza di paura e fascinazione nei confronti dei dinosauri – carnivori e non – è uno degli elementi più riusciti del film.
E poi c’è il D-Rex, l’ibrido mutante che evoca gli Xenomorfi di Alien, minaccia finale e simbolo del lato più oscuro e incontrollabile della manipolazione genetica. Anche in questo, il film si dimostra più consapevole dei suoi riferimenti e dei suoi temi, senza cadere nella trappola dell’autocelebrazione.
La Rinascita non rinuncia ai classici ingredienti del genere: un antagonista spietato, una missione disperata, sacrifici dolorosi, inseguimenti mozzafiato e creature spettacolari. Ma lo fa con misura, e soprattutto con una chiara visione. Non è solo un film di mostri, ma una riflessione – neanche troppo velata – su etica, capitalismo, ambientalismo e la nostra capacità di dimenticare ciò che un tempo ci affascinava.
Edwards riesce nel difficile compito di intrattenere senza banalizzare, di emozionare senza forzature, e di farci tornare bambini senza infantilizzare lo spettatore. La pellicola gira in pellicola (letteralmente) e si vede: i dinosauri, mostrati in piena luce, sono nuovamente creature vive e imponenti, non meri oggetti digitali da sfondo. La colonna sonora di John Williams, inserita con discrezione ma efficacia, è la ciliegina nostalgica che non stona mai.
In un panorama cinematografico saturo di reboot, sequel e universi condivisi, Jurassic World: La Rinascita si distingue per la sua capacità di rileggere un mito senza tradirlo. È un’avventura classica, emozionante, divertente e persino poetica, che potrebbe rappresentare tanto una conclusione degna quanto un nuovo inizio. E anche se l’effetto sorpresa non è più quello del 1993, l’emozione di vedere un Brachiosauro camminare sotto il sole resta intatta.
Ilaria Berlingeri