Una nuova lettura del classico americano che smaschera la fragilità della famiglia tradizionale e i suoi miti, tra dolore, bugie e desideri inconfessabili
Dal 20 al 25 maggio 2025, il Teatro Vascello di Roma ospita La gatta sul tetto che scotta, capolavoro di Tennessee Williams vincitore del Premio Pulitzer nel 1955. Questa nuova edizione porta la firma del regista Leonardo Lidi, figura di spicco della scena teatrale italiana, attualmente residente al Teatro Stabile di Torino e direttore della sua Scuola per Attori. La traduzione è di Monica Capuani, mentre la produzione è a cura del Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale e del Teatro Stabile del Veneto – Teatro Nazionale. Prima di approdare a Roma, lo spettacolo sarà in scena a Torino fino all’11 maggio e poi al Teatro Mercadante di Napoli dal 13 al 18 maggio.
Nel cast spiccano Valentina Picello, Fausto Cabra, Orietta Notari, Nicola Pannelli, affiancati da Giuliana Vigogna, Giordano Agrusta, Riccardo Micheletti, Greta Petronillo e Nicolò Tomassini. Le scene e le luci sono firmate da Nicolas Bovey, i costumi da Aurora Damanti, mentre Claudio Tortorici cura il disegno sonoro. L’opera è presentata per gentile concessione della University of the South, Sewanee, Tennessee.
Una tragedia domestica tra desideri repressi e verità negate
Ambientata nel Sud degli Stati Uniti, La gatta sul tetto che scotta esplora le tensioni e i segreti di una famiglia riunita per il compleanno di Big Daddy, patriarca ignaro della sua malattia terminale. Mentre l’ombra della morte incombe sulla sua eredità, emergono rivalità, gelosie e verità mai dette. Al centro del dramma ci sono Brick, ex sportivo e alcolista segnato dal dolore per la perdita dell’amico Skipper, e sua moglie Maggie, determinata a salvare il matrimonio e il suo futuro sociale.
È proprio Maggie, definendosi “una gatta su un tetto che scotta”, a racchiudere il senso dell’opera: aggrapparsi con tutte le forze a una vita che sta sfuggendo di mano. Il suo personaggio, costretto a mentire pur di essere riconosciuto dalla società, mette a nudo le contraddizioni di un sistema che identifica la donna solo con il ruolo di madre.
Il ritorno di Leonardo Lidi a Tennessee Williams
Dopo il suo triennio dedicato a Čechov, Leonardo Lidi torna a Williams — autore da lui già affrontato in passato con una personale versione de Lo zoo di vetro — per riprendere quel filo drammaturgico che unisce i due giganti del Novecento attraverso il tema della famiglia come specchio delle nevrosi sociali. Per Lidi, Williams è il ponte tra la sensibilità russa di Čechov e una visione americana altrettanto dolente ma più cruda, più esplicita, più grottesca.
In questa messa in scena, Lidi non rinuncia alla sua poetica visiva, spesso intrisa di elementi grotteschi e simbolici. Parla dei suoi personaggi come “clown tristi”, testimoni di un mondo incapace di cambiare, imprigionato in ruoli sociali rigidi e performativi.
La scelta di portare in scena proprio La gatta sul tetto che scotta è per il regista anche un gesto di risposta alle recenti retoriche sulla realizzazione femminile legata esclusivamente alla maternità. Williams stesso, ferito dalle edulcorazioni hollywoodiane del suo testo, riscrisse l’opera in una versione più dura, disillusa, carica di amarezza e verità scomode. È questa la versione che Lidi ha scelto di onorare.
Un classico sempre più attuale
Nel dialogo fra passato e presente, questa nuova produzione rivendica l’urgenza del teatro di interrogare il nostro tempo: la pressione sociale, la costruzione dell’identità, la mascolinità repressa, il conformismo familiare. La gatta sul tetto che scotta diventa così non solo un dramma familiare, ma un manifesto sulla necessità di rompere le apparenze per dirsi finalmente la verità.
In un’epoca in cui le definizioni di genere, ruolo e affetto sono sempre più fluide e dibattute, il testo di Williams, grazie allo sguardo di Lidi, si conferma ancora una volta come un’opera potente, necessaria, capace di far risuonare le sue grida di dolore e desiderio anche nel cuore del presente.
Roberto Puntato