Girato in Iraq e Siria, il film di Giancarlo Bocchi racconta di donne coraggiose che lottano contro l’Isis
Le Ragazze della rivoluzione, il documentario di Giancarlo Bocchi sulle coraggiose giovani combattenti curde, è stato presentato in anteprima alla presenza del regista alla conferenza stampa del RIFF – Rome Independent Film Festival presso il Nuovo Cinema Aquila.
Girato in Iraq e Siria racconta la vita, le idee, le attività in armi di donne coraggiose, di curde della Siria, dell’Iran, della Turchia e yazide che lottano strenuamente contro l’Isis e l’invasione turca dei territori liberi del Rojava (Siria del nord).
Il film fa parte di una serie di documentari dal titolo “Freedom Women” su donne di nazionalità, culture e lingue diverse, che vivono in quattro continenti, Asia, America, Africa, Europa e si battono per i diritti umani in aree tra le più pericolose al mondo, Afghanistan, Birmania, Colombia, Cecenia, Kurdistan, Sahara Occidentale.
Nel documentario di Bocchi la comandante Tamara, una curda turca trentenne, racconta di essere nata durante una guerra: “Fin da bambina ho visto il nemico turco che attaccava ferocemente il popolo curdo. Per me iniziare la lotta armata non è stata una scelta, ma una necessità.”
Ora combatte in Kurdistan contro i miliziani dell’Isis dove difende anche l’identità delle donne, “L’onore, l’esistenza la dignità, i nostri stessi corpi.” La prima promessa che ha fatto a se stessa e ai suoi compagni è stata di resistere, perché la lotta è “resistenza”. L’Isis teme la determinazione di Tamara e delle sue compagne: “Quanto sentono il trillo della nostra voce si spaventano!”, dice con un sorriso.
Una combattente curda iraniana spiega invece che quelli dell’Isis “Si mostrano grandi, ma in realtà sono piccoli uomini perché sono vuoti dentro. Solo nella propaganda diventano grandi. Quando vediamo il loro odio, soprattutto contro le donne, vorremmo lottare contro di loro per sempre…”.
Una sua compagna yazida aggiunge: “Noi non dormiamo, non mangiano, non beviamo, noi non viviamo con serenità finché non libereremo tutte le vittime dell’Isis, soprattutto le donne”.
Una delle combattenti, una curda siriana, racconta che la lotta sarà lunga e implicherà un grande cambiamento, umano, sociale e culturale: “Chi conosce se stesso sa come vivere. Chi non si conosce non può dare valore alla propria vita. La cosa più importante è vivere e far vivere…”. Le combattenti curde sanno però che la loro lotta è solo all’inizio.