In concorso al 77° Festival di Cannes e vincitore del premio per il Miglior Film ad Alice nella città, arriva al cinema dall’8 maggio con Lucky Red
Con Bird, Andrea Arnold firma il suo film più libero, poetico e radicale. Una storia che mescola la materia ruvida del realismo britannico con la leggerezza di una fiaba urbana, abitata da anime smarrite e desiderose di amore. Un’opera che non ha paura di volare, ma nemmeno di cadere.
La protagonista è Bailey, dodici anni, corpo in trasformazione e occhi attenti. Vive con il fratello adolescente e il padre, Bug, in uno squat nel nord del Kent, in un’Inghilterra marginale, vulnerabile, segnata da povertà, assenza e rassegnazione. Bug è un padre giovane, affettuoso ma distratto, prossimo al matrimonio con una nuova compagna e immerso in tentativi discutibili per sbarcare il lunario. Bailey, invece, cerca un senso, un luogo, un legame: qualcosa che le faccia sentire di appartenere.
Nel caos di una quotidianità sghemba, la ragazza filma animali, osserva il mondo con attenzione ferina e cerca riparo nella natura. Finché non incontra Bird, una figura enigmatica, fuori dal tempo e dallo spazio. È un uomo adulto, forse folle, forse magico, interpretato con grazia inquieta da Franz Rogowski. Da questo incontro scaturisce una relazione fuori dagli schemi, fatta di sguardi, gesti, camminate nel silenzio e domande sospese. La dimensione sociale del film si apre così a quella spirituale, dove il confine tra realtà e immaginazione si fa labile, poroso, liquido.
Arnold costruisce un’opera che respira nella tensione tra radici e sogni, miseria e bellezza, dolore e tenerezza. Lo stile resta quello che l’ha resa inconfondibile: macchina a mano vicinissima ai corpi, dialoghi essenziali, attenzione chirurgica ai dettagli ambientali. Ma qui si affaccia anche una componente fantastica, quasi da parabola, che evoca il cinema di Truffaut, i voli immaginari di Wim Wenders e le derive poetiche di Alice Rohrwacher.
La fotografia in pellicola di Robbie Ryan, luminosa e materica, scolpisce un mondo sospeso, a tratti magico, a tratti crudo. La colonna sonora, che alterna brit-pop e post-punk, accompagna con forza le traiettorie emotive dei personaggi, dando loro una voce che le parole non riescono a esprimere.
Nykiya Adams, al suo debutto nel ruolo di Bailey, è magnetica. Il suo corpo in perenne tensione, tra fuga e bisogno di affetto, incarna la vulnerabilità e la forza dell’adolescenza. Al suo fianco, Barry Keoghan regala a Bug un’umanità imperfetta, a tratti irresponsabile, ma sincera. Rogowski, con la sua presenza lunare, è il tramite per accedere a un’altra dimensione del film: quella che sussurra che un’altra vita, forse, è ancora possibile.
Con Bird, Andrea Arnold costruisce un romanzo di formazione ruvido e incantato, capace di abbracciare la durezza della realtà senza smettere di cercare la bellezza. È un film che urla senza gridare, che commuove senza manipolare. E che, come i suoi personaggi, continua a provare a spiccare il volo, anche quando tutto intorno sembra remare contro.
Un’opera inclassificabile e necessaria, dove la ribellione è la dolcezza e il sogno, un atto politico.
Ilaria Berlingeri