Presentato fuori concorso a Venezia 74 e già nei cinema dal 7 settembre, “Il colore nascosto delle cose” segna il ritorno di Silvio Soldini con una delicata storia d’amore tra un pubblicitario donnaiolo interpretato da Adriano Giannini e una osteopata non vedente e piena di vita, interpretata da una bravissima Valeria Golino. Il regista milanese prende spunto dall’esperienza vissuta durante la realizzazione del suo documentario “Per altri occhi” per raccontare una storia intima e senza retorica con il suo consueto stile di asciutta sobrietà. Un film che, pur non brillando per originalità seguendo gli schemi piuttosto tradizionali del racconto sentimentale, si rivela coinvolgente grazie soprattutto all’intensa prova della Golino. Un’opera onesta e mai lacrimevole, che esplora i sentimenti con grande finezza.
Abbiamo incontrato i protagonisti e il regista del film in occasione della presentazione veneziana.
ZS: Valeria, come ti sei preparata a questo ruolo?
GOLINO: E’ stato molto faticoso, ma allo stesso tempo ero felicissima di poterlo interpretare. Prima di iniziare le riprese, ho fatto delle prove con delle persone non vedenti, ho potuto toccare con mano una realtà che prima non conoscevo. Silvio è stato molto severo con me affinchè potessi rendere il mio personaggio il più credibile possibile.
ZS: Quali difficoltà incontrano un regista e un attore a mettere in scena una storia così delicata?
GOLINO: Sono stata lì giorni e giorni a fare esercizi bendata, dovevo imparare ad usare il bastone da non vedente capendo geograficamente dove mi trovavo, poi come dovevo comportarmi in casa, e tutte quelle cose che mi aiutavano ad essere credibile. Perché questo è il ruolo dell’attore: riuscire a far finta di essere credibile. Di solito un attore esprime i suoi sentimenti con gli occhi, invece qui dovevo imparare a non usarli, a guardare oltre l’apparenza, a non vedere vedendoci.
SOLDINI: Era importante per me descrivere con naturalezza la storia di una ragazza non vedente. E Valeria è stata molto brava ad interpretare il ruolo di Emma: è tale e quale alle persone che ho conosciuto. Mi sono reso conto che la vista porta a giudicare gli altri in base alle apparenze, stando in superficie. È invece diverso conoscere qualcuno se non lo vedi, perché ti porta ad andare in profondità verso la verità.
GIANNINI: Tecnicamente, era strana la sensazione di non essere guardato negli occhi. Valeria mi guardava il lobo dell’orecchio, il mento, la fronte… Bisogna ammettere che il mio personaggio, almeno all’inizio, è veramente un demonio, in fuga dalle donne e da qualunque tipo di responsabilità. Emma però riuscirà, attraverso la sensorialità, a portare la verità nella sua vita in crisi.
ZS: Per i due attori, come giudicate i vostri ruoli?
GOLINO: Mi sono innamorata del personaggio di Emma, della sua forza, della sua dignità, del suo equilibrio. È una donna fragile, ma non debole. È stato un percorso di preparazione molto intenso, che mi ha portato a conoscere persone meravigliose. Sicuramente un’esperienza indimenticabile.
GIANNINI: Teo è un cialtrone che passa da un letto all’altro, ma anche un uomo in fuga dal suo passato, che poi trova il coraggio di andare fino in fondo, perché scopre finalmente se stesso. Emma costituirà la sua salvezza.
ZS: Nel vostro film si parla pure di tecnologia. Avete pensato a qualcosa di innovativo?
SOLDINI: Sì, il film potrà essere visto anche dai non vedenti, con le audio didascalie. C’è una applicazione per smartphone che si scarica e si chiama “movie reading”.
Roberto Puntato