Un film sull’amore, la perdita e l’insondabile mistero degli affetti. Al cinema dal 5 giugno con Universal Pictures
Avere un cane a New York è già di per sé una scelta impegnativa. Averne uno di 80 kg, per di più difficile da gestire, richiede un tipo di persona molto particolare. Iris, interpretata con grazia e misura da Naomi Watts in L’amico fedele, non rientra in questa categoria. Scrittrice solitaria e docente precaria, vive in un piccolo appartamento nel West Village e conduce una vita scandita da tentativi letterari incerti e una preferenza dichiarata per i gatti. Eppure si ritrova improvvisamente a occuparsi di Apollo, un enorme alano lasciatole in eredità dal suo migliore amico Walter (Bill Murray), morto suicida.
Adattamento delicato e intimo del romanzo di Sigrid Nunez, vincitore del National Book Award nel 2018, L’amico fedele si apre con la scena dell’incontro fra Walter e il cane, avvenuto anni prima a Brooklyn, raccontato con entusiasmo in una cena tra intellettuali. Poi, con un salto temporale, ci ritroviamo nel presente, dove Iris è coinvolta, quasi controvoglia, nella rete di persone che cercano di elaborare il lutto: la vedova Barbara (Noma Dumezweni), due ex mogli (Constance Wu e Carla Gugino), e una figlia appena ritrovata, Val (Sarah Pidgeon), con cui sta raccogliendo la corrispondenza del defunto.
Il film si muove tra domande irrisolte: perché Walter si è tolto la vita? Cosa ne sarà del cane? E perché tante donne, tutte molto più giovani, sembrano profondamente legate a lui? Se Iris lo amava davvero, è una domanda che rimane sospesa, suggerita più che affrontata. Ma al centro di tutto resta Apollo, il cane in lutto, che rifiuta il cibo, evita l’ascensore, e invade lo spazio fisico ed emotivo di Iris. A interpretarlo è Bing, un alano straordinario, in una performance canina memorabile, silenziosa e toccante.
Con tono agrodolce, L’amico fedele alterna commedia nera e momenti di tenera introspezione. A volte inciampa in un certo sentimentalismo prevedibile, ma riesce a evitare il melodramma grazie alla regia sobria di Scott McGehee e David Siegel e all’intensità contenuta di Naomi Watts. Le scene tra Iris e Apollo – lui affranto, lei riluttante ma sempre più coinvolta – sono il cuore pulsante della pellicola. Quando lei inizia a leggergli le parole di Walter, il legame tra i due diventa profondo e trasformativo.
Il film si concede riflessioni sottili sulla perdita, sulla memoria e su quanto poco conosciamo davvero chi ci sta vicino – che si tratti di esseri umani o animali. Non cerca di entrare nella mente del cane, non lo umanizza, ma lo lascia essere semplicemente ciò che è: una creatura silenziosa, impenetrabile, e per questo tanto più vera.
Non tutto funziona perfettamente. Alcuni personaggi secondari appaiono un po’ stereotipati, e l’intreccio a tratti appare frammentato. Ma quando la narrazione si concentra sulla relazione tra Iris e Apollo, il film raggiunge momenti di autentica poesia.
L’amico fedele non è solo una storia di un cane e della donna che impara ad amarlo. È una riflessione struggente sul prendersi cura, sull’affetto inaspettato, sull’incapacità di comprendere davvero gli altri, e sull’importanza – spesso sottovalutata – delle persone “ordinarie”. Un film che, pur nella sua apparente semplicità, riesce a lasciare il segno.
Ilaria Berlingeri