Al cinema dal 16 luglio distribuito da Eagle Pictures
Il ritorno di So cosa hai fatto prova a cavalcare l’onda della nostalgia senza nasconderne l’intento: riesumare un cult del 1997 per rilanciarlo in chiave contemporanea, puntando sia sui fan storici che su un nuovo pubblico.
Il risultato è un film che alterna luci e ombre, consapevole della propria eredità ma non sempre all’altezza del compito. La Columbia Pictures, supportata da Eagle per la distribuzione italiana, scommette su un’operazione che ricalca molto da vicino la struttura dell’originale, replicandone in parte lo spirito e persino il titolo, ma aggiornandolo con un cast rinnovato e alcune scelte produttive ambiziose.
Il nuovo quintetto protagonista, formato da volti emergenti come Jonah Hauer-King e Chase Sui Wonders, si inserisce in una dinamica di gruppo costruita per generare empatia, anche se il peso specifico dei personaggi fatica a emergere davvero, spesso penalizzato da dialoghi deboli e caratterizzazioni poco approfondite. L’inserimento dei veterani Jennifer Love Hewitt e Freddie Prinze Jr., qui in ruoli di supporto ma centrali nella mitologia della saga, rappresenta uno dei punti forti dell’operazione, riuscendo a colmare in parte la mancanza di originalità e a generare un legame emotivo con chi ha amato il film originale.
La regia di Jennifer Kaytin Robinson, con alle spalle titoli di commedia romantica e teen drama, mostra momenti di buona gestione ritmica e un certo gusto estetico, soprattutto nella parte iniziale, ma tende a perdersi nel tentativo di tenere insieme più registri – dal thriller al dramma giovanile fino all’horror puro – con una coerenza narrativa altalenante.
La sceneggiatura di Sam Lansky prova a rielaborare temi classici come il senso di colpa e la vendetta, purtroppo senza sempre riuscire a evitare forzature o una certa prevedibilità. Alcuni colpi di scena cercano di sorprendere ma finiscono col sembrare artificiosi, e le motivazioni dei personaggi appaiono talvolta scollegate dalle azioni.
Non mancano spunti interessanti, come il riferimento al “Massacro di Southport” e il tentativo di costruire un ponte intergenerazionale tra passato e presente, ma spesso la sensazione è quella di una trama che si trascina con difficoltà. Da segnalare, però, una gestione delle scene più cruente che risulta calibrata e funzionale, anche nel preparare un finale aperto a più possibilità e con un paio di papabili Final Girl credibili.
Se da un lato il film inciampa nell’eccesso di moralismo e in una certa didascalicità nel rappresentare tematiche sociali e di genere – rischiando talvolta di cadere in una caricatura involontaria – dall’altro non si può negare uno sforzo nel voler offrire un prodotto più consapevole del contesto in cui si inserisce. Le citazioni e i richiami al genere, più o meno espliciti, sono numerosi e spesso efficaci, anche se meno brillanti rispetto alla saga di Scream, a cui chiaramente guarda come modello.
Il film non è privo di fascino, anzi: alcune trovate, l’ambientazione legata al 4 luglio e l’uso della suspense riescono a ricreare momenti di sincero intrattenimento, e anche il tono leggermente più autoironico rispetto all’originale funziona in determinati passaggi.
In definitiva, So cosa hai fatto versione 2025 è un sequel/reboot imperfetto ma non privo di meriti, che riesce a intrattenere senza rivoluzionare e che, pur zoppicando sul piano narrativo, getta le basi per un possibile sviluppo più efficace nei prossimi capitoli.
Ilaria Berlingeri