Il film che ha fatto vincere l’Orso d’argento a Berlino al suo protagonista torna in sala dal 19 agosto, dopo lo stop dovuto al lockdown. Il 15, 16 e 17 agosto anteprima nelle arene estive.
Volevo nascondermi, il nuovo film di Giorgio Diritti (Il vento fa il suo giro, L’uomo che verrà) presentato in concorso alla 70esima Berlinale, si ispira alla vita del pittore e scultore Antonio Ligabue, tra i più importanti artisti naïf del XX secolo.
Figlio di una emigrante italiana ma affidato a una coppia senza figli di svizzeri tedeschi, Antonio, detto Toni, visse un’infanzia e un’adolescenza travagliate, a causa del carattere difficile e delle precarie condizioni di salute fisica e psichica. Respinto dalla Svizzera a Gualtieri, luogo d’origine del padre Bonfiglio, Toni visse grazie all’aiuto dell’Ospizio di mendicità Carri, per poi praticare una vita nomade presso le rive del Po, dove inizia a dipingere per mitigare la solitudine. L’incontro con lo scultore Renato Marino Mazzacurati, che ne comprese l’arte genuina, incentiva il suo amore per la pittura e la scultura. Inizia così a dare spazio alla sua fervida creatività, rifugiandosi in un mondo dai colori sgargianti popolato da animali selvatici. Sopraffatto da un regime che vuole reprimere i diversi, Ligabue viene rinchiuso in manicomio, dove però non smette di dedicarsi all’arte. Una volta uscito, il suo talento viene finalmente apprezzato, permettendogli di raggiungere la fama e il benessere. Colpito da una emiparesi e, dopo essere stato curato in diversi ospedali, trovò nuovamente ospitalità presso il ricovero Carri di Gualtieri, dove morì nel maggio del 1965.
Volevo nascondermi non è il classico biopic, ma una favola nera di grande suggestione che riflette sul valore della diversità: il regista abbandona la linearità del racconto e procede per continui sbalzi temporali, lasciandosi trasportare dagli stati emotivi di Toni.
Lo spettatore viene messo, così, faccia a faccia con la sua intimità, sospeso in una dimensione di realismo che si tinge, però, degli archetipi della fiaba.
La pittorica e rurale bellezza padana, illuminata dalla fotografia di Matteo Cocco, fa da cornice a un tortuoso percorso di lotta personale per il raggiungimento del riconoscimento sociale: così, il reietto Toni, deriso, umiliato e sempre pronto a nascondersi, può, grazie all’arte e alla sua diversità, tirare fuori la testa e assaporare il riscatto e la vita.
Ligabue ha saputo, infatti, difendersi dal rifiuto, dalla solitudine e dall’emarginazione rifugiandosi in un mondo fantastico da cui far emergere il suo punto di vista febbrile e ferino. Nel farsi lui stesso animale e imprimendo sulla tela quelle energie invisibili che continuamente avvertiva attorno a sé, l’artista, e soprattutto l’uomo, chiedeva comprensione, ascolto ed affetto.
Il cinema di Diritti, figlio di Olmi per essenzialità, sincerità e pulizia, afferra l’anima di Ligabue e la riproduce sullo schermo, supportato dalla interpretazione di Elio Germano, incisiva, sensibile e mai manieristica. In Volevo nascondermi, l’attore romano, meritato vincitore dell’Orso d’argento come miglior attore, è capace di rendere alla perfezione il tormento del suo personaggio e il delicatissimo contrasto tra la sua brutalità espressiva e la sua profonda umanità.
Vincente anche la scelta di far recitare gli attori nel dialetto locale, per sottolineare il forte legame con il territorio: quello di cui si è sempre nutrito il cinema preziosissimo del suo autore.
Alberto Leali