Vincitore del Premio Orizzonti per la Miglior Sceneggiatura alla 81ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia e premiato da Luca Guadagnino come Miglior Film al Marrakesh International Film Festival 2024, arriva al cinema dal 3 luglio con Fandango
Con Happy Holidays, il regista palestinese Scandar Copti firma un’opera densa e stratificata che torna ad affrontare le contraddizioni della società israeliana, puntando lo sguardo su una quotidianità profondamente segnata da tensioni etniche, religiose e sociali. Ambientato a Haifa in un periodo carico di simbolismi — quello delle festività religiose — il film intreccia i destini di due famiglie, una araba e una ebrea, con un’ironia amara che si riflette già nel titolo.
Il cuore della narrazione è rappresentato dalla relazione tra Rami, giovane arabo-israeliano, e Shirley, la sua compagna ebrea, la cui gravidanza diventa un detonatore di conflitti familiari e culturali. Intorno a loro si snoda una rete sempre più fitta di storie: quella di Fifi, sorella di Rami, coinvolta in un incidente stradale che diventa l’occasione per i genitori di cercare un risarcimento disperato; quella dell’amore nascente ma fragile tra Fifi e Walid, medico e amico del fratello; e infine quella di Miri, sorella di Shirley, combattuta tra la propria volontà e le pressioni materne a entrare nelle forze armate israeliane.
Come già nel suo esordio Ajami (2009), Copti costruisce un racconto corale in cui la struttura a capitoli consente di osservare gli stessi eventi da prospettive diverse, in un gioco di punti di vista che rende impossibile trovare una verità unica. Ogni episodio svela nuovi dettagli e ribalta le certezze precedenti, immergendoci in una realtà in cui le relazioni, anche le più intime, sono segnate da sfiducia, costrizione e compromessi.
La regia si mantiene sempre sobria, quasi documentaristica, grazie anche alla fotografia discreta di Tim Kuhn, che restituisce l’ambiente urbano senza enfasi estetizzante. L’interpretazione degli attori non professionisti è sorprendente per intensità e autenticità, con una menzione speciale per Manar Shehab, magnetica nel ruolo di Fifi, figura sensuale e inquieta, divisa tra desiderio di libertà e le rigide regole familiari.
Il film affronta temi cruciali senza mai cedere a facili slogan: l’oppressione patriarcale, la frustrazione delle donne private del controllo sul proprio corpo, le relazioni interconfessionali, l’educazione al militarismo, la precarietà economica e la rinuncia, più o meno consapevole, alla libertà personale. Happy Holidays non suggerisce soluzioni, non propone giudizi netti, ma mette in scena con chiarezza disarmante un sistema che limita e plasma le scelte individuali in modo subdolo e quotidiano.
La scelta di ambientare la vicenda prima degli eventi del 7 ottobre 2024 non è casuale: Copti sembra voler mostrare che le fratture erano già lì, sotto la superficie, e che ogni personaggio, nella sua lotta per sopravvivere o amare, è prigioniero di una gabbia invisibile ma reale.
Più che un dramma sociale, Happy Holidays è un ritratto umano, intriso di malinconia, sensualità e tensione emotiva. Un film che scava in profondità, senza offrire certezze, ma lasciando lo spettatore con il senso di un peso condiviso, difficile da sciogliere. Un’opera che conferma la maturità artistica di Copti, capace di raccontare l’ordinarietà di una convivenza impossibile con la complessità e la potenza del grande cinema.
Ilaria Berlingeri